2011/12: INFORMAZIONI PER CHI AVEVA 12 CFU E TUTTI GLI MP3 DELLE LEZIONI

venerdì 17 luglio 2009

Il primo sogno (poesia di Billy Collins)


Naturalmente le cose non sono affatto andate così, temo, ma il poeta sa raccontarci bugie che abbiamo voglia di ascoltare. L’immagine finale lascia una crepa sul cuore.



The First Dream
The Wind is ghosting around the house tonight
and as I lean against the door of sleep
I begin to think about the first person to dream,
how quiet he must have seemed the next morning

as the others stood around the fire
draped in the skins of animals
talking to each other only in vowels,
for this was long before the invention of consonants.

He might have gone off by himself to sit
on a rock and look into the mist of a lake
as he tried to tell himself what had happened,
how he had gone somewhere without going,

how he had put his arms around the neck
of a beast that the others could touch
only after they had killed it with stones,
how he felt its breath on his bare neck.

Then again, the first dream could have come
to a woman, though she would behave,
I suppose, much the same way,
moving off by herself to be alone near water,

except that the curve of her young shoulders
and the tilt of her downcast head
would make her appear to be terribly alone,
and if you were there to notice this,

you might have gone down as the first person
to ever fall in love with the sadness of another.


Il primo sogno
Il vento girovaga attorno alla casa stanotte
e mentre mi appoggio alla soglia del sonno
inizio a pensare alla prima persona che mai abbia sognato,
come dev’essere sembrata tranquilla, il mattino dopo

mentre gli altri se ne stavano attorno al fuoco
con addosso pelli di animali
parlando tra di loro solo con le vocali,
perché questo certo accadde molto prima dell’invenzione delle consonanti.

L’uomo, forse, se ne è andato da solo per sedersi
su una pietra a guardare la foschia di un lago
mentre cercava di spiegarsi cos’era successo,
come era andato da qualche parte senza andarci,

come aveva steso le braccia attorno al collo
di una belva che gli altri potevano toccare
solo dopo averla uccisa con le pietre,
come aveva sentito il suo respiro sul suo collo nudo.

D’altro canto, il primo sogno potrebbe averlo fatto
una donna, anche se si sarebbe comportata,
immagino, più o meno allo stesso modo,
allontanandosi per stare da sola vicino all’acqua,

tranne che la curva delle sue giovani spalle
e l’oscillare del suo capo chino
l’avrebbero fatta apparire terribilmente sola,
e se tu fossi stato lì, a vedere la scena,

avresti forse finito per essere la prima persona
che si sia mai innamorata della tristezza di un’altra.

giovedì 16 luglio 2009

L'esperto


Eccomi a Tor Vergata TV a dire la mia su social network e identità.
Non che sia uscita sta gran figata (incredibile come "l'emozione da telecamera" sia ancora uno stato d'animo possibile) ma poteva anche andare peggio, dai.
Dubito queste questi cinque minuti scateneranno il dibattito...
Qui il link diretto
http://www.torvergata.tv/tv/fac_I.asp?clipID=674

mercoledì 15 luglio 2009

Spalare la neve assieme a Buddha (poesia di Billy Collins)


Dopo un bel po', riprendo a tradurre una poesia di Billy Collins (che non ho mai smesso di ascoltare in mp3).
Adoro questa poesia perché dentro ci trovo tantissime cose, sempre diverse e sempre mie.
C’è ovviamente il fascino dell’intellettuale per l’uomo di fatica, che non ha bisogno di parlare per essere se stesso, e lo sgomento di scoprire che questa fascinazione è comunque mediata dal linguaggio, e quindi ci allontana proprio dall’oggetto da cui saremmo attratti.
C’è il conflitto di classe che sembra quasi prendere una sua sana sintesi, solo per scoprire che è sempre un atto del borghese, quello di pacificarsi con il proletario. Il proletario non ne ha bisogno, lui certo non si sente in colpa.
C’è la religiosità dei laici, di chi vorrebbe che ogni tanto il mondo avesse un senso di suo, e che non fossimo sempre costretti a darglielo noi.
C’è che parlo troppo. E allora leggete.

Shoveling Snow With Buddha
In the usual iconography of the temple or the local Wok
you would never see him doing such a thing,
tossing the dry snow over a mountain
of his bare, round shoulder,
his hair tied in a knot,
a model of concentration.

Sitting is more his speed, if that is the word
for what he does, or does not do.

Even the season is wrong for him.
In all his manifestations, is it not warm or slightly humid?
Is this not implied by his serene expression,
that smile so wide it wraps itself around the waist of the universe?

But here we are, working our way down the driveway,
one shovelful at a time.
We toss the light powder into the clear air.
We feel the cold mist on our faces.
And with every heave we disappear
and become lost to each other
in these sudden clouds of our own making,
these fountain-bursts of snow.

This is so much better than a sermon in church,
I say out loud, but Buddha keeps on shoveling.
This is the true religion, the religion of snow,
and sunlight and winter geese barking in the sky,
I say, but he is too busy to hear me.

He has thrown himself into shoveling snow
as if it were the purpose of existence,
as if the sign of a perfect life were a clear driveway
you could back the car down easily
and drive off into the vanities of the world
with a broken heater fan and a song on the radio.

All morning long we work side by side,
me with my commentary
and he inside his generous pocket of silence,
until the hour is nearly noon
and the snow is piled high all around us;
then, I hear him speak.

After this, he asks,
can we go inside and play cards?

Certainly, I reply, and I will heat some milk
and bring cups of hot chocolate to the table
while you shuffle the deck.
and our boots stand dripping by the door.

Aaah, says the Buddha, lifting his eyes
and leaning for a moment on his shovel
before he drives the thin blade again
deep into the glittering white snow.


Spalare la neve assieme al Buddha

Nell’ordinaria iconografia del tempio o sul Wok locale
mai lo vedresti fare una cosa del genere,
gettare la neve farinosa oltre la montagna
stondata della sua spalla nuda,
i capelli raccolti in una crocchia,
un modello di concentrazione.

Seduto è più appropriata come attività per lui, se questa è la parola
per quello che fa, o che non fa.

Anche la stagione non è proprio la sua.
In tutte le sue manifestazioni, infatti, fa caldo ed è umido
come si capisce dalla sua espressione serena,
quel sorriso così ampio da avvolgersi ai fianchi dell’universo.

Eppure eccoci, mentre ci facciamo strada davanti al garage,
un colpo di pala alla volta.
Gettiamo la neve sottile come polvere nell’aria chiara.
Sentiamo sul viso il freddo dell’umidità.
E ad ogni spinta scompariamo
e ci perdiamo l’un l’altro
in queste rapide nubi che facciamo da noi,
questi spruzzi di fontana di neve.

Non c’è confronto con una predica in chiesa,
dico ad alta voce, ma Buddha continua a spalare.
Questa è la vera religione, la religione della neve,
del sole e delle anatre invernali che abbaiano in cielo,
dico, ma lui è troppo indaffarato per sentirmi.

È tutto intento a spalare la neve
come se questo fosse lo scopo della sua esistenza,
come se il segnale di una vita perfetta fosse un vialetto pulito
dove fare facilmente retromarcia con l’auto
per guidare attraverso le vanità del mondo
con il riscaldamento che non funziona e una canzone alla radio.

Tutto il mattino lavoriamo fianco a fianco,
io con le mie annotazioni,
lui infilato nella sua ampia tasca di silenzio,
finché si fa quasi mezzogiorno
e la neve è accumulata tutto attorno a noi;
allora, lo sento parlare.

Dopo, domanda,
possiamo entrare in casa e giocare a carte?

Certo, rispondo, e scalderò del latte
e metterò in tavola tazze di cioccolata calda
mentre tu mescoli le carte
e i nostri stivali staranno sulla porta a sgocciolare.

Aaah, dice il Buddha, alzando gli occhi
e appoggiandosi per un momento alla sua pala
prima di infilare di nuovo la lama sottile
a fondo nello scintillio della neve bianca.

martedì 14 luglio 2009

Lost in potatoes

Questa ci è venuta in mente un po' a me è un po' a Rebecca.
Prima avevo pensato di fare un'isola, e già che c'ero l'ho fatta diventare "L'isola".






Poi, ci ho fatto arrivare i naufraghi...

Sissì lo so

Che oggi era lo sciopero dei blogger per protestare contro quell'indecenza del decreto Alfano che obbliga l'universo mondo all'obbligo di rettifica, ma forse dai dopo le 22 non vale e poi io posto una volta alla settimana quando va bene.
E poi l'effetto mediatico (se tale voleva essere) è già stato raggiunto, no?
Su, dai, non fate il muso...

Due composizioni per Rebecca

Almeno in piena estate trovo il tempo di ridimensionare e caricare le foto di alcune delle ricette per Rebecca.
La prima è un omaggio alla musica leggera italiana, e si intitola
"Il carretto passava e quell'uomo gridava... PAAAATATEEEE!!"



Il secondo invece è un omaggio all'afa estiva, e alle speranze di trovare ristoro.

venerdì 10 luglio 2009

Tango e Yoga




Diciamo che con il mestiere che faccio di miscugli, ibridamenti e meticciati vari ne ho visti e sentiti diversi, e mi divertono.
Questo però non mi era ancora mai capitato: Argentina e India, l'Oriente e l'estremo Occidente, il tutto a Pantelleria, nell'estremo Sud italiano, o al centro del Meditteraneo. Un bel mischiotto, ma secondo me ci si può divertire.